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IL CASTELLO ARAGONESE DI BAIA

Il Castello Aragonese di Baia sorge su un promontorio dal quale si domina il vasto specchio di mare che si estende dal golfo di Pozzuoli all’acropoli di Cuma, con veduta su Capri, Procida ed Ischia.

In epoca romana la collina era occupata da un grandioso complesso residenziale, forse proprio la Villa Imperiale di Cesare (Tacito afferma infatti che la villa di Cesare si trovava su di un’altura dominante il golfo di Baia), i cui resti furono distrutti e inglobati nell’attuale fortezza.

Strutture superstiti della villa sono visibili intorno ad essa, lungo la costa e a terra presso il campo sportivo, mentre altre sono state individuate recentemente e messe in luce nel corso dei lavori di restauro delle parti più alte del castello (Torre Cavaliere) e più in basso lungo le sue scarpate a mare, a seguito del loro diserbo.

La natura del promontorio tufaceo a picco sul mare, la presenza di profondi valloni verso l’entroterra costituiti dai crateri detti Fondi di Baia, le opere di difesa – mura, fossati e ponti levatoi – rendevano il castello pressoché inespugnabile.

La costruzione fu iniziata dagli Aragonesi nel 1495, nell’imminenza dell’invasione da parte del re di Francia Carlo VIII, unitamente a numerose altre opere di fortificazione nel Regno di Napoli. Per la progettazione del sistema difensivo e delle singole fortezze il re Alfonso II di Aragona chiese ed ottenne dal duca Federico da Montefeltro la consulenza di Francesco di Giorgio Martini, architetto senese affermatosi in quegli anni per l’efficacia delle soluzioni innovative ideate nella tecnica delle costruzioni militari.

Il castello di Baia, rientrando in un sistema difensivo territoriale, consentiva di esercitare il controllo del golfo di Pozzuoli, impedendo l’avvicinamento delle flotte nemiche ed evitando il rischio dello sbarco di truppe che avrebbero potuto assalire Napoli con una manovra di aggiramento.

In un periodo databile tra il 1538 e il 1550, a seguito dell’eruzione di Monte Nuovo che danneggiò fortemente il castello, il viceré spagnolo Pedro di Toledo dispose la radicale ristrutturazione e l’ampliamento della fortezza aragonese con un complesso di opere che conferirono al monumento l’aspetto attuale.

L’edificio mantenne la funzione di fortezza militare nel periodo del vicereame spagnolo e del dominio austriaco (1503-1734) e nel corso del successivo regno borbonico (1734-1860). Dopo l’annessione allo Stato sabaudo, fino al 1887, subentrò un periodo di lenta decadenza ed inesorabile abbandono del castello.

Nel 1927 lo Stato ne dispose la concessione con diritto di godimento perpetuo al Reale Orfanotrofio Militare. In relazione alla nuova destinazione d’uso, negli anni 1927-30 furono eseguiti lavori di trasformazione che comportarono numerose alterazioni. L’Orfanotrofio rimase nel castello fino al 1975, anno in cui l’ente fu disciolto.

Il complesso è stato fino al 1984 nel possesso della Regione Campania; poi, rientrato nelle disponibilità del demanio statale, fu consegnato alla Soprintendenza Archeologica di Napoli perché vi realizzasse il Museo Archeologico dei Campi Flegrei.

 

Curiosità…
Il Castello di Baia non fu solo una struttura militare, ma rappresentò anche luogo di incontri politici e mondani. Tra le sue mura furono ospitate moltissime personalità: nel 1506 giungeva in visita Re Ferdinando III detto il Cattolico; ancora nel 1576 era la volta di Giovanni d’Austria che incontrò l’ambasciatore veneto Girolamo Lippomano per trattare segretamente delicate questioni politiche; nel febbraio del 1582 veniva accolto il duca d’Ossuna.

Il Castello è stato anche centro di studi e ricerche: è’ per volontà del viceré don Pietro d’Aragona, coadiuvato dal segretario del regno Giulio Cesare Bonito e dai medici Vincenzo Crisconio e Sebastiano Bartoli, che inizia una vasta opera di valorizzazione del termalismo flegreo e di quello baiano in particolare, riprendendo quella tradizione già nota in epoca romana.

Il Castello però fu anche luogo di pena e di esecuzione delle più barbare sentenze di condanna: si narra infatti che alcuni reclusi, incatenati nelle anguste celle, in pratica veri e propri sepolcri, venivano abbandonati alla loro sorte, tanto che la morte veniva invocata come un vero e proprio sollievo.

Oggi il Castello è la sede del Museo Archeologico dei Campi Flegrei

 

Com arrivare: Via Castello, 39 Bacoli